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La vera solennità (don Antonio Parisi)

2024-11-13 10:30

don Antonio Parisi

Paniere, Avvento, Avvento 2024,

La vera solennità (don Antonio Parisi)

La vera solennità liturgica dopo il Concilio Vaticano II

La vera solennità (don Antonio Parisi)

 

Un altro problema evidenziato al n.113 della SC:

 

“L’azione liturgica riveste una forma più nobile quando i divini uffici sono celebrati solennemente con il canto, con i sacri ministri e la partecipazione attiva del popolo”.

Dobbiamo ancora riflettere, dopo 55 anni di riforma, sulla distinzione e sull’alternanza fra il feriale e il festivo. Abbiamo bisogno di riscoprire una ferialità veramente feriale e un festivo solenne. Abbiamo livellato tutte le celebrazioni; ogni domenica è festa, ma non ogni festa è uguale all’altra.

 

            Dobbiamo ancora approfondire il concetto di una ferialità semplice e tranquilla, ordinaria e domenicale e d’altra parte vivere, in alcune circostanze, Natale, Pasqua, pentecoste, una solennità ricca di segni e simboli sonori nuovi e coinvolgenti, una ritualità sonora diversa e insolita, un celebrare cantando che impegna tutta la chiesa in una delle sue attività più qualificate e più vere della propria missione pastorale.

            Allora vanno condannate tutte quelle scelte che sanno di improvvisazione e di pressapochismo, una gestione personalistica secondo le proprie vedute soggettive, come pure l’abdicare e il delegare ad un singolo o ad un gruppo particolare tutta la pastorale del canto di una parrocchia.

           

            Il principio della vera solennità è stato ripreso ed evidenziato meglio dalla Istruzione Musicam Sacram del 1967:

“Si tenga presente che la vera solennità di un’azione liturgica dipende non tanto dalla forma più ricca del canto e dell’apparato più fastoso delle cerimonie, quanto piuttosto dal modo degno e religioso della celebrazione, che tiene conto dell’integrità dell’azione liturgica, dall’esecuzione cioè di tutte le sue parti, secondo la loro natura” (MS, 11).

 

La solennità richiede la musica e il canto. Perfino gli sposi che mai si sono interessati di musica, quando si preparano alle nozze, vogliono la tal musica e il violino, ecc., perché non è concepibile una festa solenne senza l’apporto della musica. Anche fuori dell’ambito ecclesiale, per le feste nazionali, per le feste scolastiche, le feste delle associazioni, le feste paesane, occorre l’intervento della musica. Si fa festa solenne con la musica.

            Ma, bisogna intendere, all’interno della liturgia, cosa significa solennità e come si realizza tale solennità. Una prassi secolare faceva consistere la solennità in un particolare tipo di repertorio e in un determinato apparato esecutivo.

            La vera solennità voluta dalla Riforma conciliare è data dalla partecipazione di tutto intero il popolo di Dio nelle sue varie componenti, dal rispetto di tutti gli elementi del programma rituale inserito in un preciso progetto ecclesiale.

            Finalmente un punto fermo: si ha una celebrazione solenne non quando si chiama la Cappella Sistina a cantare, non quando si esegue la messa in do maggiore di Mozart per coro e orchestra, ma quando si fa intervenire tutta l’assemblea: sacerdote, popolo, coro, solista, strumentisti, guida del canto. Ecco la vera solennità: una assemblea di mille persone che acclama all’unisono un Amen fa più solennità di un coro che canta lo steso Amen a 6 voci di Palestrina.

            C’è solennità quando si canta il salmo responsoriale da parte del salmista; c’è solennità quando il sacerdote canta il prefazio e la preghiera eucaristica; c’è solennità quando il coro conclude la celebrazione con un canto a 4 voci, eventualmente anche in latino.


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