Il coro: basta una divisa e una cartella e il coro va in onda.
Oggi, pronunciare la parola coro, significa suscitare reazioni a catena di segno opposto. Si passa da un estremo all’altro: niente coro, canta solo l’assemblea perché così si ha la vera partecipazione; oppure, canta solo il coro, che può produrre buona musica, elevata e colta.
Ma le alternative non sono queste, coro e assemblea possono coesistere e insieme realizzare una celebrazione partecipata e musicalmente dignitosa. Va chiarito subito un concetto: venti secoli di canto liturgico, hanno generato capolavori d’arte che richiedono interpreti specializzati con una competenza musicale e un virtuosismo considerevole. Non bisogna dimenticare che tutta la musica occidentale è fluita dalla sorgente liturgica, basta pensare che le note musicali sono state inventate da un monaco (Guido d’Arezzo) in un monastero.
D’altra parte, questa musica colta ha impedito una partecipazione autentica e attiva del popolo ai sacri misteri, creando un repertorio parallelo alla stessa celebrazione, che procedeva per suo conto; infatti si è parlato, con una certa verità, di concerto con messa.
Il Vaticano II ha equilibrato queste due realtà, mettendole in dialogo e favorendo una vera partecipazione sia dell’assemblea che del coro alla liturgia. Si accusano le assemblee di aver abbassato il livello musicale della celebrazione a causa della loro impreparazione musicale; musicisti nostalgici si rammaricano per la perdita di capolavori del passato ormai inadatti alla liturgia.
Interpretando il vero pensiero della riforma liturgica si può benissimo affermare che la ricerca di un repertorio di qualità può benissimo andare d’accordo con la partecipazione canora dell’assemblea. Se si rifiuta il canto dell’assemblea, questa non migliorerà, ma rifiutando l’apporto delle corali non si uscirà mai del tutto da un canto mediocre e insignificante.
Il quadro plastico di queste due realtà – assemblea e coro – lo si comprende bene guardando le messe teletrasmesse la domenica mattina dalla RAI; tali celebrazioni sono uno spaccato di ciò che avviene nelle nostre parrocchie. Viene inquadrato il coro: divise uguali per tutti, cartelle dello stesso colore, giovani e adulti insieme, ma già dal canto d’ingresso si intuisce la consistenza del coro: vocalità povera, ritmo impreciso, espressività inesistente; balza subito evidente il gesto approssimativo e inconsistente del cosiddetto direttore del coro.
Altra situazione: si vede un coro ben ordinato, già dalla divisa si evince che il loro intervento sarà giocato tutto su un repertorio tradizionale e classico; infatti è un repertorio latino, di mottetti che non sono pertinenti alla celebrazione. Vocalità classica con voce impostata, adatta più a una sala da concerto che a una celebrazione. Fra questi due estremi, ci sono tanti cori che animano in maniera dignitosa le celebrazioni. Tali messe teletrasmesse sono lo specchio di ciò che avviene nelle varie parrocchie italiane. Alla base di tutto si nota una mancanza di comprensione del vero senso della liturgia e del significato del canto liturgico; una mancanza di progettualità e di un’autentica pastorale del canto liturgico; una insufficiente preparazione vocale dei cantori; e, ciò che è più grave, la direzione del coro affidata a incompetenti dilettanti (se i dilettanti fossero preparati, non ci sarebbe alcun problema ad affidare loro il coro).
La realtà stupefacente è che in quasi tutte le parrocchie italiane esiste un coro, anche se a volte formato da poche persone; altre volte, invece, è presente un coro polifonico.
Che cosa fare? La prima operazione che consiglio è di scegliere un bravo maestro per il coro, preparato liturgicamente, musicalmente e umanamente. La presenza di un vero leader è indispensabile per far crescere un coro di dilettanti; sarà lui il motore propulsore del gruppo. Non bisogna dimenticare che il coro è formato da persone di età e cultura diverse, di differenti personalità, perciò il direttore dovrà creare un gruppo ben unito e amalgamato.
Preparare le prove scegliendo il repertorio più adatto, nel rispetto innanzitutto della celebrazione e poi tenendo conto della preparazione dei coristi. Far crescere il coro sia vocalmente che nei rapporti umani; superare gli inevitabili momenti di frizione o di stanchezza; offrire momenti di svago e di incontri comunitari; insomma il coro è un gruppo che nasce, cresce, si sviluppa, e può morire se non è ben seguito.
Mi piace riportare la regola delle tre preposizioni, elaborata da Michel Veuthey nel suo libro Il coro cuore dell’assemblea; la prima regola è quella di cantare nell’assemblea. Finalmente abbiamo scoperto che il coro fa parte dell’assemblea, non è un complemento estetico o esteriore; non è un’altra realtà aggiunta e giustapposta, ma vive nell’assemblea; pertanto anche la posizione del coro dovrà evidenziare questa esigenza. Un vero coro liturgico canta con l’assemblea; è la situazione comune presente nel rito sacro. Sostenere, alternarsi, dialogare, sono tutte funzioni che un coro liturgico deve praticare come punto di partenza del proprio servizio. Infine il coro canta per l’assemblea; ciò significa produrre musica di ascolto, brani del repertorio classico che ben si inseriscono in alcuni momenti particolari (offertorio, dopo comunione, finale). Si desume allora che anche il coro, come gli altri ministri, svolge un compito ministeriale all’interno della celebrazione. Se non si comprende e non si accetta questa nuova realtà, scaturita dal Vaticano II, non ci sarà alcun progresso nell’animazione musicale e la celebrazione sarà privata di un elemento importante e indispensabile.
Come sempre, le parole semplici, chiare e profonde di papa Benedetto XVI, chiariscono i concetti che abbiamo sopra espresso: «Mi è venuta in mente una parola di sant’Agostino che dice cantare amantis est. Fonte del canto è l’amore [...]. L’educazione al canto, a cantare in coro, non è solo un esercizio dell’udito esteriore e della voce; è anche un’educazione dell’udito interiore, l’udito del cuore, un esercizio e un’educazione alla vita e alla pace. Cantare insieme, in coro, e tutti i cori insieme, esige attenzione all’altro, attenzione al compositore, attenzione al maestro, attenzione a questa totalità che chiamiamo musica e cultura e, in tal modo, cantare in coro è un’educazione alla pace, un camminare insieme”.
Don Antonio Parisi